Opera lirica in un atto; musica di Alfredo Casella, testo di Angelo Poliziano
espressamente ridotto da Corrado Pavolini. Quest'opera breve fu rappresentata
per la prima volta al teatro Goldoni di Venezia, nel 1932, in occasione del
Festival di Musica. La trama: fuori scena il dio Mercurio (ruolo parlato)
racconta la storia del pastore Aristeo e della bella ninfa Euridice, sposa di
Orfeo. All'alzarsi del sipario si ode la voce di Aristeo (baritono) che lamenta
il suo infelice amore per Euridice (soprano), la quale non ne vuol sapere di
lui. Aristeo la rincorre nel bosco, lungo il fiume, ma la ninfa viene morsa da
un serpente velenoso e muore. Le Driadi la piangono mentre Orfeo (tenore) sta
salendo il monte; una Driade (mezzosoprano) gli comunica la morte della moglie.
Frattando due spiriti trascinano Euridice nel mondo degli Inferi, seguiti da
Orfeo che si dispera per aver perduto la sua ninfa. Anch'egli entra nell'Averno,
sempre lamentandosi, e Plutone si commuove e concede a Euridice di tornare tra i
vivi, a patto che Orfeo non si volti mai a guardarla fino a quando non
avrà varcato le "tartaree porte" dell'Inferno. Ma Orfeo non può
resistere e si volge verso l'amata. Allora due spiriti afferrano l'ombra della
sventurata Euridice che scompare rivolgendo l'estremo saluto ad Orfeo. Questi
rinnova i suoi lamenti e giura di non amare mai più una donna a costo di
morire; ma non appena ha pronunciato il suo giuramento sulla morte ecco
sopraggiungere le furibonde Baccanti che lo puniscono per aver osato invocare la
morte; prima che abbia inizio il sacrificio in onore di Bacco esse gli
spaccheranno la testa e la porteranno trionfalmente verso la radura dove
sarà onorato il dio.